Giannetto Valzelli ,Sulzano 1990

ANALISI (E IRONIA) DEL MALE
L’UOMO Si direbbe che nel trentasettenne Tramonta (la prestanza sdutta l’occhio penetrante, l’innervazione atletica) e nelle sue combustioni letterarie(ogni giorno del mio male devo fare tremare Dio»)riaffiori certa veemenza del monachismo riformatore, il rigore che an- darono riversando nelle piazze i Domini canes. In realtà l’ardenza di Tramonta – la sua inquietudine e l’afflato – sono dentro il lievito della piena giovinezza, nel pimento che infonde ad ogni autodidatta la sua eccitazione ideale, nell’anticonformistico contagio che vale a sommuovere le grettezze e le viltà contemporanee. LA TEMATICA – Quel che di positivo ingenera la pittura di Tramonta si radica alla negatività insita nell’uomo, il male ossessivamente proiettato nella condizione esistenziale, quale fu visto da Platone e sofferto nelle vicende di Sant’Agostino, , ma fuori dal manicheismo( e dal pessimismo) secondo una lucida e laica presa di possesso dell’imbarbarimento che il mito della modernità esercita sulla natura e sui Popoli, obnubilando la coscienza, sovvertendo l’etica. La dissacrazione della vita e del mondo sta rappresa in poche immagini, didascalicamente iterate, nelle quali insorge la denuncia e insieme si instaura la resipiscenza. C’è il serpente, anzitutto, il principio della dannazione fuori dall’Eden, che attraversa pensieri gesti azioni, dal sesso passa a contorcersi nell’anima, l’enigma di furore strutture, fibre, cose. C’è, che si adegua ad esso nelle spire e nel tra figgente furore di morte, la verga di ferro desunta dalla merceologia industriale- dai paesi del tondino -e indotta a sostituire, nelle frenetiche esibizioni del consumismo più convulso delle mode, quello che nei silenzi della pittura metafisica assurse a magico simulacro: il rnanichino. C’è, per fortuna – in una siffatta congerie di sagome contro cieli da apocalisse (una segnaletica issata su poligoni lividi d’inquinamenti dove sparare alle memorie umane) – c’è, nonostante tutto, la profferta a mo’ di paletta di un’auto identificazione ai limiti dell’abisso, la drizzatura ironica e salvifica delle lenti in cui la creatura può commisurare, su ll’emblema di Leonardo o sul cavallo di Marini, il ganglio, la sacralità e la follia del proprio cervello. Tramonta centra le sue visioni in una concretezza lombarda, racchiude i suoi moniti nella perfezione del cerchio. L’ARTISTA – Esiste un accanimento, che fa onore, anche nelle tecniche dell’arte. Tramonta (l’illusionista Tramonta, come ama definirsi) carica la sua grafica d’una bella caparbietà, già fuori dalle suggestioni dell’amico Schinetti, in esplosioni emotive, un approdo all’incisione di espressiva irruenza (eructavit cor meum verbum bonum … ). Quanto al colore, la progressione – da uno smortito impasto degli oli è ormai sciolta in accensioni pure, matericamente vibrate, dentro le quali il pittore si esalta, forte delle chiarificazioni discorsivi interiori (e delle fermezze) raggiunte.

ghisladan

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